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lunedì 28 gennaio 2013

MARCO VALERIO MARZIALE e l'epigramma.


Anche Marziale è un autore spagnolo, la Spagna era molto prolifica in questo periodo. Avrebbe avuto maggiore successo nel periodo in cui visse, se avesse avuto l'appoggio degli autori conterranei, Seneca e Lucano, che non glielo diedero perché il genere di Marziale, in cui eccelse, non era molto gradito ai due; dunque i suoi conterranei non lo aiutarono molto ragion per cui nonostante avesse avuto l'appoggio dell'imperatore Domiziano non riuscì a raggiungere le vette. Fu comunque un grande autore. La letteratura era tenuta in grande considerazione dagli imperatori, però doveva contraccambiare questo favore cercando di seguire i dictat dell'imperatore, cioè le indicazione, tanto è vero che l'institutio oratoria è dedicata ad un funzionario di Domiziano, così come in alcune opere di Marziale del genere degli epigrammi, infatti scrisse gli “Epigrammata” (nome greco), c'è la presenza dell'imperatore come dedicatario. Comincia a scrivere nell'80 “Liber spectaculorum” per l'inaugurazione dell'anfiteatro Flavio, celebrando l'apertura di un monumento pubblico. Nell'84 gli “Xenia” che vuol dire doni; infatti ogni ospite aveva un dono e veniva accompagnato ogni dono da un epigramma di Marziale; la seconda raccolta sono gli “Apophoreta” che vuol dire portare fuori, erano dei doni, degli epigrammi da portare via nella festa dei Saturnali, feste in onore del dio Saturno. Nell'85-86 circa comincia a scrivere una raccolta di epigrammi, uno per ogni anno per dodici anni. Comincia a scrivere questa raccolta che fu l'ultima opera; era un'opera viva, nel senso che veniva incrementata ogni anno, perché ogni anno aggiungeva un epigramma e l'obiettivo era di farlo per 12 anni. L'epigramma è un componimento che nasce bela Grecia antica e che consisteva nell'iscrizione funebre sulla tomba, che era però accompagnato da un elemento di carattere morale o politico. In Grecia nasce come testo breve, successivamente si arricchì e non consisteva solo nella brevità tipica dell'epitaffio, ma su di un tema o di carattere morale o di carattere politico. Dal VI al IV sec., cioè nell'età attica in Grecia e dal IV al I sec. cioè nell'età ellenistica, si introduce nell'epigramma, che è sempre un componimento breve, la soggettività. Diventa nel periodo alessandrino, quello del II sec a.C. quello più vicino alla cultura latina, diventa l'emblema, perché offre due possibilità; la prima è la brevità che gli alessandrini che adoravano (scrivere bene e poco), con arte ed espressione artistica molto curata e con soggettivismo perché erano anche argomenti di carattere amoroso.
NELLA LETTERATURA LATINA
Nasce con Ennio l'epigramma, simbolo del genere delle sentenze, sono dei componimenti seri. Con Catullo si hanno le nugae, sono abbastanza brevi, possono risalire agli epigrammi per la brevità, diventano un qualcosa di più leggero, le nugae appunto. Marziale si rende conto che questo genere può essere un genere di consumo molto apprezzato dalla massa, allora fa una codificazione inversa, codificando l'epigramma non come genere letterario, ma di consumo. Si rende conto che con Catullo era diventato un genere più divertente e meno serio, e capisce che per avere la massima fruizione da parte del pubblico deve renderlo un genere di consumo, codificazione inversa a Lucilio che ad esempio codifica la satira facendola diventare un genere serio, o Fedro che codifica la favola facendola diventare un genere letterario. Dal genere letterario a genere di consumo; infatti viene molto criticato e lui risponde: i miei scritti sono fatti per i commensali non per i cuochi (cioè sono apprezzati dalla gente comune, non da chi organizza cose prelibate come i cuochi, cioè non dai poeti, ma dalla massa). Se i destinatari sono gli imperatori, come era costume nell'età dei flavi, i fruitori sono i illimitati, cioè coloro che leggono sono numerosissimi, perché tutti sono in grado di capire. Infatti lo stile di Marziale è la brevità, la semplicità, l'eleganza e la comicità. Entra in polemica con i grandi del passato, con Virgilio, con Catullo con coloro i quali scrivono un'arte fine e basata sulla cura formale e non sulla semplicità, li condanna perché scrivono cose belle ma non vere, lontane dalla realtà. Lui vuole scrivere della realtà della situazione, di Roma di quello che avviene a Roma. C'è da condannare questi autori perché trattano temi che non sono presenti nella realtà, infatti secondo lui non hanno successo perché non parlano di cose reali e non attirano l'attenzione della gente. Il fatto che scriva per la massa è testimoniato anche dal fatto che il suo è uno stile semplice anche se apparentemente semplice, perché è molto curato e descrizione psicologica molto attenta anche se priva di spessore, non da insegnamenti, a differenza di Seneca, simile al realismo di Petronio con l'amoralità; sono elencate tutte le tipologia di uomini della Roma del tempo, descrizione caotica perché tale era la realtà di Roma del tempo. Sono realistiche al contrario dei grandi autori. Argomentazioni realistiche anche nella critica. 

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