L'età dei Flavi inizia nel 68 dopo la
morte di Nerone e cominciano i guai perché nello sviluppo
dell'impero romano si sta andando incontro ad un cambiamento
strutturale, perché sta prendendo potere l'amministrazione e
l'esercito, il senato invece sta perdendo importanza così come
l'imperatore anche. È fondamentale la riforma e la funzione
amministrativa, il recupero del prestigio dell'autorità imperiale a
discapito di un ridimensionamento del potere senatoriale e di uno
sviluppo dell'esercito. Lo scacco lo subisce il senato, perché gli
imperatori recuperano il proprio prestigio.
Subito dopo Nerone per via dinastica
subentra Galba, dopo di lui ci sono Otone e Vitellio che sono eletti
il primo dai pretoriani che sarebbero le guardie del pretorio, cioè
l'esercito; invece, Vitellio è eletto dai legionari, ecco perché
aumenta l'importanza dell'esercito. Con Vespasiano iniziano ad
ammorbidirsi le cose, comincia u percorso positivo che determina il
recupero dell'autorità imperiale, prendono piede le opere pubbliche,
abbiamo un ammodernamento dell'impianto amministrativo. Tito è buono
che fu sfortunato in quanto si trovò con l'esplosione del Vesuvio
(Dante canto VI, la vendetta dell'uccisione di Cristo con la cacciata
degli ebrei). Dopo si ha Domiziano, fratello di Tito che si dedicò
alle imprese militari e fu ordita una congiura contro di lui a causa
del ridimensionamento che egli volle attribuire al senato, non
capendo che comunque le cose sarebbero dovute andare così. Nerva fu
l'ultimo imperatore, con cui abbiamo definitivamente la fine della
successione per via dinastica. Questa volta continua e si esaspera il
bisogno di ripristinare gli antiqui mores, quindi per gli imperatori
non esiste assolutamente la possibilità del dissenso, non è
contemplato,ma gli autori dovevano adottare la politica del consenso;
infatti le due istitutiones più importanti del periodo, cioè una di
Plinio e l'altra l'istitutio oratoria di Quintiliano, sono dedicate
la prima all'imperatore Tito, la seconda ad un funzionario di
Domiziano di nome Vitorio Marcello.
Un altro autore non italiano ma
spagnolo, nasce Calacurris, nel 35 e muore nel 100 d.C, compie i suoi
studi prima a Roma poi in Spagna, poi è richiamato a Roma
dall'imperatore Galba e da questo momento iniziò il suo insegnamento
che si protrasse fino a quando non decise di ritirarsi e decise di
scrivere l'isitutio oratoria e siamo nell'88 d.C.
L'istitutio oratoria è composta da 12
libri. Ognuno di essi ha una premessa e c'è un'introduzione che è
un'epistola a Trifone. Si divide in più parti, nel proemio si parla
del contenuto dell'opera, spiega quale sarà il contenuto, proemio
preceduto dalla dedica a Vitorio Marcello.
- Nel I libro si definiscono quali sono i problemi della storia perché intanto capisce che bisogna riscrivere quest'oratoria, bisogna ristabilire queste leggi, perché è andata persa la serietà dell'oratoria. Spiega quali sono i problemi.
- Nel II libro spiega quali sono gli elementi cardine della retorica.
- Dal III al VII parla di alcuni elementi che sono l'inventio e la dispositio.
- Dall'VIII all'XI elocutio, memoria ed actio.
Nell'ultimo poi parla di come deve
essere il perfetto oratore, ricordando Catone quando parlava di “vir
bonus colendi peritus”, mentre l'oratore per Quintiliano doveva
essere “vir bonus dicendi peritus”, nel momento stesso in cui
accoppia una categoria morale con una categoria tecnica lega la
retorica alla morale, ed è una novità questa. Perché fino a questo
momento la retorica era considerata solo qualcosa di tecnico qualcosa
al quale solo gli specialisti potevano accedere e che non aveva alcun
legame con la categoria morale, quindi non scrive un'opera
esclusivamente tecnica, ma mira a formare l'uomo, il cives; non è il
cives di Cicerone destinato alla politica, ma a più ampio raggio che
non sarebbe stato certamente un cittadino comune, ma il cittadino che
sta a metà tra il popolo e la politica perché si riferisce ai
futuri amministratori dello stato, che devono avere dei principi e
dei valori di base. Voleva non informare con l'infarcitura tecnica
dell'arte della retorica sulle caratteristiche dei futuri
amministratori dello stato, ma formare l'uomo che avrebbe poi fatto
parte della vita attiva dello stato. Fu una grandissima novità
perché per la prima volta si collega una categoria morale ad una
categoria tecnica. Un uomo di valori ma esperto anche nella sua arte.
Per questo definiamo Quintiliano il professore per eccellenza, perché
mette mano alla retorica.
I TEMI
Modernità perché vuole la scuola
pubblica, nell'8' d.C e quando ancora si dovrà aspettare la riforma
gentile. La scuola pubblica era concepita diversamente all'epoca. I
bambini venivano subito affiati ad un pedagogo bravo se la famiglia
aera ricca, uno di scarse qualità se la famiglia era povera,
comunque fino ai 7 anni la famiglia doveva provvedere attraverso un
pedagogo ad insegnare i rudimenti delle regole. Poi c'era un altro
periodo fino ai 17 anni, in cui veniva affidato dalla famiglia al
grammaticus che era una scelta personale e individuale, dai 17 anni
in poi il ragazzo veniva affidato al retor, rendendo chiare le regole
più importanti della lingua. Si parla di scuola pubblica perché
Quintiliano vuole che sia pubblico questo ultimo gradino
importantissimo dell'insegnamento più specifico. Quintiliano inoltre
dice che la scuola deve essere per tutti e di tutti, non ci deve
essere un solo insegnante e un solo alunno, primo perché
l'insegnante potrebbe essere privo di stimoli e corrotto,
insegnerebbe quindi la corruzione. Poi perché non c'è stimolo
nemmeno da parte dell'alunno, perché verrebbe a mancare il confronto
e l'emulazione con gli altri, ci devono essere più alunni e più
insegnanti affinché ci siano degli scambi più validi e più
relazioni. La scuola deve essere orientativa perché
orienta e forma il cittadino, e deve essere una scuola in cui tutte
le materie, non esclusa nessuna, concorrano alla completezza della
personalità dello studente. Portata della modernità di Quintiliano
anche in questo senso. Parla del comportamento dei professori e dice
che non devono essere degli amici perché le categorie devono essere
rispettate, per non perdere il valore dei ruoli. Diceva che non ci
dovevano essere punizioni corporali degli studenti, deve prendere
l'atteggiamento del cultore, non deve essere né eccessivo nelle
punizioni né troppo blando, e deve prima di tutto rispecchiare
onestà, i ragazzi devono vedere nell'insegnante colui che non ama
soltanto a parole quello che insegna, ma lo ama visceralmente. Il
lavoro deve essere pianificato e la programmazione come la
chiameremmo oggi.
Da dei consigli sui libri da leggere, dice che tutti devono essere
letti, però devono essere guardati in un certo modo perché dice
“summi enim sunt, homines tamen” i libri sono importanti ma se
noi sappiamo discernere se abbiamo nella testa il concetto che tutti
quanti noi anche i migliori autori sono uomini comunque possono
sbagliare. Sono stati sommi questi autori tuttavia sono uomini, ma
non prendere per oro colato quello che dicono perché possono
sbagliare. I libri da leggere per primi sono i libri poetici perché
la poetica migliora l'inclinazione al bene e la semplicità. Dopo i
libri di storia, che sono importanti perché ci informano su quello
che ci circonda. Terzo i libri dei filosofi perché dibattono e ci
fanno conoscere le tesi sulle più importanti questioni di politica o
fisica e quindi queste sono le tre categorie principali. Gli
scrittori eccellenti sono fra i greci Demostene, fra i latini
Cicerone, Virgilio e Orazio, no assolutamente Lucano perché con la
sua antifrasi della storia non lo poteva accettare. Diceva che Seneca
poteva essere accettato solo se i giovani avevano le spalle ben forti
per reggere il pensiero e lo stile di Seneca, che può accalappiare
le menti non ancora formate fuorviandole e quindi poteva essere
pericoloso.
STILE
è uno stile equilibrato quello di Quintiliano; infatti viene
definito “rectum dicendi genus” un modo di parlare onesto e
lineare, perché è equilibrato tra lo stile ciceroniano che era
basato soprattutto sull'atticismo anche se abbiamo un po' di
asianesimo. Lo stile attico è un rigore classico, l'asianesimo ha un
po' di enfasi e di retorica. C'è l'insieme di stile attico e un po'
di retorica ed enfasi che non potevano non esserci vista la passione
per la retorica. Rapporto tra stile e ideologia perché era
equilibrato come il suo modo di essere e i suoi insegnamenti. Nel suo
lessico egli adopera anche parole nuove perché si rende conto che il
motivo stesso che lo ha spinto a scrivere l'istitutio cioè avere
verificato che oramai l'oratoria era in crisi, lo aveva spinto a
creare delle nuove forme e dei nuovi insegnamenti perché il tempo
cambia e le cose devono continuamente assolvere al ciclo vitale e
quello del cambiamento infatti diceva: totus prope mutatus est sermo.
Si rende conto che la lingua è viva e in continuo cambiamento ed
evoluzione. Anche questa è una modernità e per forza lo stile
attico doveva coesistere con quello asiano (come in italiano).
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