Pages

Subscribe:

domenica 3 febbraio 2013

ETA' DEI FLAVI E QUINTILIANO


L'età dei Flavi inizia nel 68 dopo la morte di Nerone e cominciano i guai perché nello sviluppo dell'impero romano si sta andando incontro ad un cambiamento strutturale, perché sta prendendo potere l'amministrazione e l'esercito, il senato invece sta perdendo importanza così come l'imperatore anche. È fondamentale la riforma e la funzione amministrativa, il recupero del prestigio dell'autorità imperiale a discapito di un ridimensionamento del potere senatoriale e di uno sviluppo dell'esercito. Lo scacco lo subisce il senato, perché gli imperatori recuperano il proprio prestigio.
Subito dopo Nerone per via dinastica subentra Galba, dopo di lui ci sono Otone e Vitellio che sono eletti il primo dai pretoriani che sarebbero le guardie del pretorio, cioè l'esercito; invece, Vitellio è eletto dai legionari, ecco perché aumenta l'importanza dell'esercito. Con Vespasiano iniziano ad ammorbidirsi le cose, comincia u percorso positivo che determina il recupero dell'autorità imperiale, prendono piede le opere pubbliche, abbiamo un ammodernamento dell'impianto amministrativo. Tito è buono che fu sfortunato in quanto si trovò con l'esplosione del Vesuvio (Dante canto VI, la vendetta dell'uccisione di Cristo con la cacciata degli ebrei). Dopo si ha Domiziano, fratello di Tito che si dedicò alle imprese militari e fu ordita una congiura contro di lui a causa del ridimensionamento che egli volle attribuire al senato, non capendo che comunque le cose sarebbero dovute andare così. Nerva fu l'ultimo imperatore, con cui abbiamo definitivamente la fine della successione per via dinastica. Questa volta continua e si esaspera il bisogno di ripristinare gli antiqui mores, quindi per gli imperatori non esiste assolutamente la possibilità del dissenso, non è contemplato,ma gli autori dovevano adottare la politica del consenso; infatti le due istitutiones più importanti del periodo, cioè una di Plinio e l'altra l'istitutio oratoria di Quintiliano, sono dedicate la prima all'imperatore Tito, la seconda ad un funzionario di Domiziano di nome Vitorio Marcello.

Un altro autore non italiano ma spagnolo, nasce Calacurris, nel 35 e muore nel 100 d.C, compie i suoi studi prima a Roma poi in Spagna, poi è richiamato a Roma dall'imperatore Galba e da questo momento iniziò il suo insegnamento che si protrasse fino a quando non decise di ritirarsi e decise di scrivere l'isitutio oratoria e siamo nell'88 d.C.
L'istitutio oratoria è composta da 12 libri. Ognuno di essi ha una premessa e c'è un'introduzione che è un'epistola a Trifone. Si divide in più parti, nel proemio si parla del contenuto dell'opera, spiega quale sarà il contenuto, proemio preceduto dalla dedica a Vitorio Marcello.
  • Nel I libro si definiscono quali sono i problemi della storia perché intanto capisce che bisogna riscrivere quest'oratoria, bisogna ristabilire queste leggi, perché è andata persa la serietà dell'oratoria. Spiega quali sono i problemi.
  • Nel II libro spiega quali sono gli elementi cardine della retorica.
  • Dal III al VII parla di alcuni elementi che sono l'inventio e la dispositio.
  • Dall'VIII all'XI elocutio, memoria ed actio.

Nell'ultimo poi parla di come deve essere il perfetto oratore, ricordando Catone quando parlava di “vir bonus colendi peritus”, mentre l'oratore per Quintiliano doveva essere “vir bonus dicendi peritus”, nel momento stesso in cui accoppia una categoria morale con una categoria tecnica lega la retorica alla morale, ed è una novità questa. Perché fino a questo momento la retorica era considerata solo qualcosa di tecnico qualcosa al quale solo gli specialisti potevano accedere e che non aveva alcun legame con la categoria morale, quindi non scrive un'opera esclusivamente tecnica, ma mira a formare l'uomo, il cives; non è il cives di Cicerone destinato alla politica, ma a più ampio raggio che non sarebbe stato certamente un cittadino comune, ma il cittadino che sta a metà tra il popolo e la politica perché si riferisce ai futuri amministratori dello stato, che devono avere dei principi e dei valori di base. Voleva non informare con l'infarcitura tecnica dell'arte della retorica sulle caratteristiche dei futuri amministratori dello stato, ma formare l'uomo che avrebbe poi fatto parte della vita attiva dello stato. Fu una grandissima novità perché per la prima volta si collega una categoria morale ad una categoria tecnica. Un uomo di valori ma esperto anche nella sua arte. Per questo definiamo Quintiliano il professore per eccellenza, perché mette mano alla retorica.

I TEMI
Modernità perché vuole la scuola pubblica, nell'8' d.C e quando ancora si dovrà aspettare la riforma gentile. La scuola pubblica era concepita diversamente all'epoca. I bambini venivano subito affiati ad un pedagogo bravo se la famiglia aera ricca, uno di scarse qualità se la famiglia era povera, comunque fino ai 7 anni la famiglia doveva provvedere attraverso un pedagogo ad insegnare i rudimenti delle regole. Poi c'era un altro periodo fino ai 17 anni, in cui veniva affidato dalla famiglia al grammaticus che era una scelta personale e individuale, dai 17 anni in poi il ragazzo veniva affidato al retor, rendendo chiare le regole più importanti della lingua. Si parla di scuola pubblica perché Quintiliano vuole che sia pubblico questo ultimo gradino importantissimo dell'insegnamento più specifico. Quintiliano inoltre dice che la scuola deve essere per tutti e di tutti, non ci deve essere un solo insegnante e un solo alunno, primo perché l'insegnante potrebbe essere privo di stimoli e corrotto, insegnerebbe quindi la corruzione. Poi perché non c'è stimolo nemmeno da parte dell'alunno, perché verrebbe a mancare il confronto e l'emulazione con gli altri, ci devono essere più alunni e più insegnanti affinché ci siano degli scambi più validi e più relazioni. La scuola deve essere orientativa perché orienta e forma il cittadino, e deve essere una scuola in cui tutte le materie, non esclusa nessuna, concorrano alla completezza della personalità dello studente. Portata della modernità di Quintiliano anche in questo senso. Parla del comportamento dei professori e dice che non devono essere degli amici perché le categorie devono essere rispettate, per non perdere il valore dei ruoli. Diceva che non ci dovevano essere punizioni corporali degli studenti, deve prendere l'atteggiamento del cultore, non deve essere né eccessivo nelle punizioni né troppo blando, e deve prima di tutto rispecchiare onestà, i ragazzi devono vedere nell'insegnante colui che non ama soltanto a parole quello che insegna, ma lo ama visceralmente. Il lavoro deve essere pianificato e la programmazione come la chiameremmo oggi.
Da dei consigli sui libri da leggere, dice che tutti devono essere letti, però devono essere guardati in un certo modo perché dice “summi enim sunt, homines tamen” i libri sono importanti ma se noi sappiamo discernere se abbiamo nella testa il concetto che tutti quanti noi anche i migliori autori sono uomini comunque possono sbagliare. Sono stati sommi questi autori tuttavia sono uomini, ma non prendere per oro colato quello che dicono perché possono sbagliare. I libri da leggere per primi sono i libri poetici perché la poetica migliora l'inclinazione al bene e la semplicità. Dopo i libri di storia, che sono importanti perché ci informano su quello che ci circonda. Terzo i libri dei filosofi perché dibattono e ci fanno conoscere le tesi sulle più importanti questioni di politica o fisica e quindi queste sono le tre categorie principali. Gli scrittori eccellenti sono fra i greci Demostene, fra i latini Cicerone, Virgilio e Orazio, no assolutamente Lucano perché con la sua antifrasi della storia non lo poteva accettare. Diceva che Seneca poteva essere accettato solo se i giovani avevano le spalle ben forti per reggere il pensiero e lo stile di Seneca, che può accalappiare le menti non ancora formate fuorviandole e quindi poteva essere pericoloso.

STILE
è uno stile equilibrato quello di Quintiliano; infatti viene definito “rectum dicendi genus” un modo di parlare onesto e lineare, perché è equilibrato tra lo stile ciceroniano che era basato soprattutto sull'atticismo anche se abbiamo un po' di asianesimo. Lo stile attico è un rigore classico, l'asianesimo ha un po' di enfasi e di retorica. C'è l'insieme di stile attico e un po' di retorica ed enfasi che non potevano non esserci vista la passione per la retorica. Rapporto tra stile e ideologia perché era equilibrato come il suo modo di essere e i suoi insegnamenti. Nel suo lessico egli adopera anche parole nuove perché si rende conto che il motivo stesso che lo ha spinto a scrivere l'istitutio cioè avere verificato che oramai l'oratoria era in crisi, lo aveva spinto a creare delle nuove forme e dei nuovi insegnamenti perché il tempo cambia e le cose devono continuamente assolvere al ciclo vitale e quello del cambiamento infatti diceva: totus prope mutatus est sermo. Si rende conto che la lingua è viva e in continuo cambiamento ed evoluzione. Anche questa è una modernità e per forza lo stile attico doveva coesistere con quello asiano (come in italiano).

Nessun commento:

Posta un commento