venerdì 17 maggio 2013
IL RAZZISMO
Una malattia purtroppo ancora diffusa dopo tante tragedie del passato.
Tipologia D: tema di ordine generale
In antropologia culturale, la disciplina che studia l'evoluzione dei vari gruppi uma¬ni, si definisce "etnocentrismo" l'atteggia¬mento di chi giudica gli altri gruppi etnici esclusivamente in base alla propria cultura ed ai valori che da essa derivano. Da questo comportamento, per estensione, nasce la co¬siddetta "paura del diverso", cioè un senso di smarrimento che coglie chi si relaziona con culture, atteggiamenti, costumi e con-suetudini differenti dai propri.
Immaginiamo, ad esempio, il caso di un uomo del XXI secolo che si ritrovi im-provvisamente in una tribù primitiva, maga¬ri nel bel mezzo di un rituale religioso: qua¬le sarebbe la sua reazione? Di sicuro si sen-tirebbe disorientato davanti ad un'esperien¬za così distante da quelle a cui è stato abi-tuato nel corso della sua vita quotidiana.
Superato questo primo momento di giustificato imbarazzo, lo stesso individuo potrebbe mostrare interesse per quello a cui sta assistendo, considerandolo un fattore di arricchimento delle sue conoscenze, oppure potrebbe manifestare disprezzo, ritenendolo espressione di una cultura inferiore a quella a cui appartiene. Se dovesse verificarsi la seconda ipotesi, saremmo di fronte ad un caso di discriminazione razziale.
Il razzismo è infatti un atteggiamento che stabilisce rapporti gerarchici tra le po¬polazioni umane, esaltando le qualità supe¬ riori di un particolare gruppo etnico, il pro¬prio, rispetto agli altri.
Un atteggiamento discriminante, se supportato da una teoria o da un'ideologia, può indurre al pregiudizio, all'intolleranza e al desiderio di sopraffazione nei confronti di una "razza" giudicata inferiore.
È quanto avvenne in Germania al-l'epoca del nazismo, quando la teoria della "superiorità della razza ariana" fu il prete¬sto per la diffusione dell' antisemitismo pro-mosso da Hitler, di cui furono vittime mi¬lioni di Ebrei, prima deportati e poi massa¬crati nei campi di concentramento nazisti. Anche l'Italia fascista, per compiacere al potente alleato tedesco, si rese responsabile di pesanti discriminazioni ai danni dei citta¬dini italiani ebrei quando nel 1938 furono varate le famigerate "leggi razziali": una macchia disonorevole nella storia del Nove-cento del nostro Paese!
La tragedia degli Ebrei negli anni della seconda guerra mondiale non è purtroppo l'unico episodio di razzismo nella storia dell'umanità. Ricordiamo il triste fenomeno del colonialismo europeo che, nell'Ottocen¬to e nella prima metà del Novecento, depre¬dò le risorse umane e materiali dell' Asia e dell' Africa, giustificandolo con la presunta superiorità della "razza" bianca. Già prima di allora milioni di Africani erano stati ven¬duti come schiavi nelle piantagioni america¬ne e solo nel 1863 la schiavitù era stata abo¬lita negli Stati Uniti.
Ricordiamo anche il regime segrega-zionista ("apartheid") imposto nel Sudafrica alla maggioranza di colore, costretta a vive¬re nei ghetti senza diritti civili e politici, e durato fino agli anni Novanta, quando le lot¬ te dei neri ispirate da Nelson Mande1a han¬no ristabilito per tutti l'uguaglianza dei di¬ritti.
Ricordiamo, infine, gli episodi d'intol¬leranza razziale ai danni di tanti stranieri ex¬tracomunitari che hanno abbandonato le loro terre d'origine, martoriate dalla miseria e dai conflitti interetnici, e sono giunti nei Paesi ricchi ed industrializzati dell'Occi¬dente alla ricerca di migliori condizioni di vita e di lavoro.
Anche l'Italia conosce bene il dramma degli immigrati clandestini e dei profughi: che siano neri, curdi o maghrebini, essi sfi¬dano l'ignoto, spinti dalla stessa disperazio¬ne e tentano di raggiungere le coste, puglie¬si, calabresi o siciliane, dopo lunghi viaggi in mare su imbarcazioni di fortuna.
La reazione di alcuni nostri connazio¬nali purtroppo non è all'insegna della civile accoglienza, ma, troppo spesso, dell'intolle¬ranza e della xenofobia. Si dimentica che, ancora negli anni Cinquanta e Sessanta, molti Italiani del Meridione emigrarono in America e in alcuni Paesi del Nord dell'Eu¬ropa per trovare un impiego più stabile, pa¬tendo probabilmente gli stessi disagi di tanti extracomunitari che attualmente vivono in Italia.
In tanti Paesi dell'Occidente ancora oggi continuano a verificarsi episodi di di¬scriminazione e d'intolleranza nei riguardi di minoranze etniche e religiose, nonché de¬gli immigrati. Sembra un controsenso che ciò avvenga proprio quando la "rivoluzione digitale" sta avvicinando tutti e rendendo il mondo davvero un "villaggio globale". Pen-siamo ad Internet che, seppur virtualmente, ha ridotto le distanze geografiche e culturali davvero un "villaggio globale". Pen¬
siamo ad Internet che, seppur virtualmente,ha ridotto le distanze geografiche e culturali
tra i vari continenti, favorendo la comunica¬zione a distanza tra persone che pensano, parlano, si comportano in modo differente. Evidentemente, attraverso il monitor di un computer, non può manifestarsi quella "pa¬ura del diverso" a cui si accennava prima.
Bisogna interpretare in modo corretto il significato del concetto di "diversità": è del tutto ovvio ed anche interessante che una persona dalla pelle nera sia diversa da una che ha la pelle bianca, così come lo è chi professa la religione cattolica rispetto ad un musulmano o ad un buddista; l'importante è non considerare l'uno inferiore all'altro.
Finché il confronto con "l'altro da noi" sarà considerato una fonte d'arricchimento culturale e spirituale, non ci potrà essere razzismo ed ognuno sarà in grado di relazio-narsi senza alcun pregiudizio con i numero¬si "diversi" che incontra nella vita di tutti i giorni.
Infine bisogna rilevare che è fuori luo¬go ormai usare l'espressione "razze uma¬ne": le "differenze" tra gli individui non sono riconducibili a presunte "razze", come per gli animali, geneticamente determinate. Lo hanno dimostrato abbondantemente, se mai ce ne fosse stato bisogno, le recenti ri¬cerche sul DNA e sul genoma umano. È piùgiusto e scientifico parlare di "etnie", a si-gnificare l'importanza delle diversità cultu¬rali sedimentate dai percorsi storici dei po¬poli.
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