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giovedì 16 maggio 2013

NO ALLA GUERRA


La crisi irachena e il terrorismo hanno tradito le speranze in un mondo final-mente in pace nel nuovo secolo. Ma non bisogna rassegnarsi all'inevitabilità della guerra, che è sempre una catastrofe per l'umanità.
Tipologia D: tema di ordine generale

Avremmo voluto che nel nuovo secolo la guerra fosse stata soltanto un argomento di storia, qualcosa di appartenente al passa¬to. Purtroppo non è così: la guerra è ancora tragicamente attuale e miete le sue vittime in tanti, troppi Paesi.
È ancora guerra in Iraq, nonostante la caduta della dittatura di Saddam Hussein e lo svolgimento delle prime libere elezioni politiche nel gennaio 2005.
Ci sono ancora scontri armati in Pale¬stina, con attentati di kamikaze palestinesi da una parte e rappresaglie israeliane dal-l'altra, malgrado la ripresa del negoziato di pace tra le due parti.
È ancora allarme terrorismo in tante metropoli, nel timore che le notizie di nuove terribili stragi possano sconvolgere l' opi¬nione pubblica di tutto il mondo dopo le im¬magini-shock dei devastanti effetti degli at-tacchi terroristici dell' 11 settembre 200 l alle Twin Towers di NewYork e dell'Il mar¬zo 2004 ad alcune stazioni ferroviarie di Madrid.
La crisi irachena è di gran lunga la più ereoccupante nello scenario internazionale. E dall'inizio degli anni Novanta che, in pra¬tica, gli Stati Uniti sono in guerra contro l'Iraq di Saddam Hussein. Le ostilità comin-ciarono nella lontana estate del 1990, quan-do il dittatore iracheno diede ordine alle sue truppe d'invadere il confmante e ricco Ku¬wait. La risposta degli Stati Uniti non si fece attendere: la guerra del Golfo fu rapida e ri-solutiva, tanto da costringere il dittatore ira-cheno a lasciare il Kuwait che così riottenne la propria indipendenza. Fu una guerra san¬guinosa, che costò oltre centomila morti al¬l'Iraq, ma che non fu portata fino al punto di far cadere il regime di Saddam Hussein.
La permanenza del dittatore iracheno al potere produsse tuttavia uno stato di conflit-tualità, destabilizzando la regione del Golfo che, non dimentichiamolo, è d'importanza strategica per l'intera economia occidentale per le sue consistenti riserve di petrolio.
La guerra al terrorismo, seguita agli at-tentati alle Twin Towers dell'Il settembre 200 l, aggravò la condizione di conflittualità con l'Iraq di Saddam, sospettato di allestire arsenali di armi di distruzione di massa, so-prattutto chimiche e batterio logiche. La guerra all'Iraq diventò quindi parte inte¬grante della più generale guerra al terrori-smo, nel senso che, come già per l' Afghani-stan, anche per l'Iraq l'obiettivo dell'ammi-nistrazione Bush è stato di colpire quei Pae¬si che, direttamente o indirettamente, avreb¬bero potuto fornire un aiuto ai terroristi.
Dopo l'intervento militare in Afghani¬stan, che conseguì il risultato di abbattere il regime teocratico semifeudale dei Talebani, che dava ospitalità e protezione ad alcuni gruppi del terrorismo islamico e che, tra l'altro, teneva le donne in un'odiosa condi¬zione di schiavitù, si ebbe così la guerra contro l'Iraq di Saddam Hussein. Ma, nono¬ stante il rovesciamento del dittatore e lo svolgimento delle prime libere elezioni po¬litiche, l'Iraq non è ancora tornato alla nor-malità: gli attentati di terroristi kamikaze si alternano ai bombardamenti compiuti dalle forze militari americane occupanti. A farne le spese sono soprattutto le popolazioni ci¬vili, già duramente provate da tante soffe¬renze, mentre la rete del terrorismo interna¬zionale resta integra e continua a minacciare il mondo.
Purtroppo è forte il rischio che la guer¬ra al terrorismo, una guerra nuova, combat¬tuta contro un nemico invisibile, capace d'infiltrarsi nel cuore di ogni Stato e di go-dere di protezioni e sostegni finanziari im-pensabili, possa destabilizzare non solo il Medio Oriente, ma l'intero quadro interna-zionale.
Gli Stati Uniti, con l'attentato alle Twin Towers, ordito dall'inafferrabileBin Laden, il capo di Al Qaeda, l'organizzazione terro¬ristica islamica che ha ramificazioni in mol¬ti Paesi e gode di consistenti sostegni finan-ziari, hanno subito un'autentica e terribile aggressione alloro interno e si sentono an-cora minacciati dal terrorismo islamico in-ternazionale.
La lotta al terrorismo richiede unità d'intenti di tutti i governi del mondo, men¬tre gli Stati Uniti, per il fatto di costituire il principale bersaglio del terrorismo interna¬zionale, credono di poter decidere per tutti. Questa lotta, invece, richiede l'avvio di una saggia politica di cooperazione dei Paesi ricchi con i Paesi poveri, in modo da argina¬re la miseria diffusa in tanti Paesi del Terzo Mondo, che costituisce il terreno di coltura di un risentimento antioccidentale, in parti¬ colare antiamericano, di cui si alimentano le organizzazioni terroristiche. Ma soprattutto la lotta al terrorismo richiede che s'inter¬rompa la spirale di violenza attentati-rap-presaglie e che si affermi realmente la pace come valore assoluto. Il terrorismo è violen¬za, guerra, quindi la pace lavora contro il terrorismo; essa è un presupposto indispen¬sabile della democrazia e della libertà, ma purtroppo sembra essere ancora un 'utopia.
Infatti anche in questo abbrivio di XXI secolo la ragione delle armi sembra prevale¬re sull' arma della ragione: gli attentati terro-ristici alle Torri Gemelle di New York e la guerra a tutto campo al terrorismo mondia¬le, con l'intervento militare prima in Mgha¬nistan poi in Iraq, hanno tradito le speranze in un mondo finalmente in pace al passaggio di millennio.
Ma non bisogna rassegnarsi all'inevita¬bilità della guerra. Non deve essere lasciato nulla d'intentato per fermarla, non bisogna stancarsi d'impegnarsi per la pace. I popoli non vogliono le guerre: lo dimostrano le im¬ponenti manifestazioni che hanno riempito di pacifisti le piazze delle grandi città di tut¬to il mondo.
Tutte le guerre sono catastrofi del¬l'umanità: non si è stancato di ricordarlo papa Giovanni Paolo Il. Anche le tante "guerre dimenticate" che si combattono in Paesi poverissimi dell'Africa (Somalia, Su-dan, Darfur, Sierra Leone, Costa d'Avorio, Liberia) e dell'Asia (India, Pakistan, Sri Lanka, Filippine): sono guerre civili e scon¬tri etnico-religiosi di cui si sa poco o niente poiché, ben diversamente dal Medio Orien¬te, coinvolgono realtà troppo lontane dagli interessi delle grandi Potenze.

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